La paralisi di Bell (da Sir Charles Bell che per primo l’ha descritta nel XIX secolo) costituisce la forma più frequente di paralisi facciale con un’incidenza di 40 casi ogni 100.000 abitanti.
La sua insorgenza è legata ad un’infezione virale.
Queste sono notoriamente più legate ai periodi invernali, sbalzi climatici, “colpi di freddo”.
Da qui il nome comunemente usato di paralisi “a frigore”. In realtà non è il freddo di per sè che determina la paralisi, ma predispone a qualsiasi forma di infezione virale.
Per quanto riguarda il nervo facciale, sembra che il virus più imputato sia l’Herpesvirus (HSV).

Se questo attacca il nervo facciale nel suo decorso nel canale osseo della base cranica, ne consegue un edema (gonfiore) che non ha modo di svilupparsi in quanto il nervo in questa sede non ha la possibilità di spostare le pareti ossee circostanti. La sua stretta adesione sotto pressione alle pareti ossee ostacola il flusso di sangue.

In termini tecnici si parla di insulto ischemico (paragonabile al letto ungueale che diventa bianco se viene schiacciata l’unghia) e può determinare danni  reversibili (80% dei casi) oppure permanenti (20% dei casi).
Da un punto di vista clinico ne consegue un danno funzionale che visivamente corrisponde alla paralisi della muscolatura mimica da esso innervata.

La diagnosi clinica è semplice. Il paziente tipicamente si sveglia al mattino paralizzato da un lato del viso o con una paresi (ridotta forza contrattile) che evolve nell’arco di uno/due giorni in paralisi completa. Da un punto di vista diagnostico è necessario escludere altre possibili cause di paralisi tramite TAC o RNM dell’encefalo, della base cranica e della parotide, nonché appurare che non ci siano malattie sistemiche che possano giustificarne l’insorgenza.

La terapia della paralisi di Bell deve mirare a combattere il meccanismo di compressione del nervo, invertendo il processo edemigeno: devono pertanto essere utilizzati farmaci cortisonici ed antivirali.
In particolare i cortisonici vanno somministrati immediatamente e ad alte dosi (Metil Prednisolone 30 mg./Kg., seguito da 15 mg./Kg. ogni 6 ore per 2-4 giorni).

Dosaggi più bassi e ritardati anche solo di 1-2 giorni rispetto all’insorgenza della paralisi possono determinare a volte conseguenze irreversibili. La terapia medica si avvale anche di agenti antivirali.